Open Dialogues - Innovazione, formazione, responsabilità verso l'ambiente e i giovani: la parola di Benedetti, D'Agostino, Fantoni e Illy
Alcuni fra i maggiori rappresentanti dell'economia Fvg a Open Dialogues
Impegno costante nella ricerca tecnologica, per fabbricare non solo prodotti ma innovazione. Innovazione che aiuta anche la "transizione ecologica" delle aziende, la riduzione delle emissioni, il risparmio energetico, l’alimentazione "pulita degli impianti". Il cambiamento delle catene di valore, tra velocità dei cambiamenti e cigni neri che si abbattono i mercati. E inoltre la sfida del coinvolgimento dei giovani, come senso di responsabilità anche dell’imprenditore, già a partire dalle scuole, per individuare talenti e rendere più compatibili le aspettative e le competenze con le richieste del mercato.
Se il primo panel della seconda giornata di Open Dialogues for future ha parlato di come adattare il business al cambiamento a livello globale, il secondo panel ha tradotto quelle indicazioni nella realtà quotidiana dei rappresentanti di alcune delle primarie realtà aziendali ed economiche del Friuli Venezia Giulia: Gianpietro Benedetti, Zeno D’Agostino, Paolo Fantoni e Riccardo Illy, moderati dalla giornalista Wille Media e Sky Tg24 Silvia Boccardi.
Per quanto riguarda le competenze e la necessità di manodopera, l’ad di Danieli ha raccontato di essere in dialogo «con il Governo per facilitare i permessi di soggiorno di studenti, così come accade anche in altri Paesi come Germania e Stati Uniti, per iscriverli agli Its e anche di manodopera qualificata, che sia riconosciuta anche in Italia. Stiamo collaborando con i Ministeri dell’Istruzione e degli Esteri per andare in questa direzione e stiamo inoltre collaborando con le scuole per il "learning by doing", che motiva molto gli studenti e gli insegnanti».
Il presidente dell’autorità portuale D’Agostino ha ricordato che «in Italia ci sono 3 milioni di Neet. A mio avviso questo fatto è collegato anche con l’alto astensionismo elettorale. Fondamentalmente, dunque, dal punto di vista politico da un lato e professionale dall’altro, non siamo in grado di comunicare la nostra progettualità. Oggi la gente non va a lavorare anche perché non si sente parte. Bisogna cominciare a raccontare ambienti come i porti, i magazzini e le imprese, che danno soddisfazioni, così come fare il cuoco, e raccontarli con il linguaggio stesso dei giovani. Dobbiamo imparare a coinvolgere i giovani, a comunicare, dando significato personale e sociale al lavoro: a prescindere dal mismatch, dalla formazione e dalle skill richieste, ci deve essere uno stimolo personale e su questo le imprese devono fare molto».
Paolo Fantoni ha approfondito ancora questo tema. «Noi siamo incapaci di "vendere" i nostri luoghi di lavoro - ha evidenziato -: in tv passano immagini di luoghi di lavoro vetusti e sporchi, mentre dobbiamo far vedere qual è la verità e la tecnologia delle nostre fabbriche. Ci manca la capacità di affascinare i giovani. Parlo anche del nostro mondo, quello del design, che dovrebbe essere un elemento emozionale per attrarre giovani, i ragazzi delle scuole. Con gli Its, cominceremo perciò a offrire una visita gratis al Salone del Mobile e spero nel futuro questo venga messo a disposizione di tutti gli istituti tecnici e non solo. Dobbiamo far vedere quali sono le emozioni dietro alle professioni e noi come imprenditori dobbiamo diventare capaci anche di motivarli».
Sui Neet, Riccado Illy ha evidenziato alcune responsabilità. Illy ha portato esempi di famiglie italiane iperprotettive con i figli, abituate a dar loro tutto sempre e comunque. E poi di sentenze che obbligano le famiglie a mantenere i figli finché non hanno reddito. «Sul mismatch - ha aggiunto -, è chiaro che è nei fatti: nel tempo della formazione di un giovane l’innovazione intanto progredisce. Dunque possiamo solo cercare di ridurlo, di fare una formazione più olistica possibile e soprattutto che insegni ai giovani a imparare. "Attrarre, formare e mantenere talenti" è il motto delle aziende di oggi. Non capisco l’enorme numero di contratti precari che ci sono: spesso le aziende perdono talenti per paura di stabilizzare i giovani ed è assurdo soprattutto se si è investito per formarli. Dobbiamo assumerli investendo su di loro e creare percorsi di carriera, con retribuzioni adeguate - in Italia sono troppo basse -, lavorando a livello politico per ridurre gli oneri previdenziali e aumentare la produttività, altro fatto di cui si discute troppo poco».